(Il testo
non riveste carattere di ufficialità)
composta
dai signori:
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Dott. Renato GRANATA Presidente
·
Prof. Giuliano
VASSALLI Giudice
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Prof. Francesco GUIZZI Giudice
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Prof. Cesare MIRABELLI
Giudice
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Prof. Fernando
SANTOSUOSSO Giudice
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Avv. Massimo VARI Giudice
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Dott. Cesare RUPERTO Giudice
·
Dott. Riccardo CHIEPPA
Giudice
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Prof. Gustavo
ZAGREBELSKY Giudice
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Prof. Valerio ONIDA Giudice
·
Prof. Carlo MEZZANOTTE
Giudice
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Prof. Guido NEPPI
MODONA Giudice
·
Prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI Giudice
ha
pronunciato la seguente
nei
giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, della legge 23
dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica),
promossi con n. 8 ordinanze emesse il 29 febbraio 1996 dal Tar per la Puglia,
sezione staccata di Lecce, rispettivamente iscritte ai nn. 849, 850, 851, 852,
853, 854, 855 e 856 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale dell’anno 1996.
Visto l’atto di intervento della CIMO-ASMD -
Coordinamento Italiano Medici Ospedalieri - Associazione Sindacale Medici
Dirigenti, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 maggio 1997
il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo Regionale
per la Puglia, sezione staccata di Lecce, è stato adito da medici dipendenti da
unità sanitarie locali ed altri enti pubblici ospedalieri per l’accertamento
del diritto a una retribuzione non decurtata a termini dell’art. 4, comma 3,
della legge 23 dicembre 1994, n. 724, il quale stabilisce che la corresponsione
dell’indennità di tempo pieno è sospesa, limitatamente al 15 per cento del suo
importo, per il personale dipendente che esercita l’attività
libero-professionale all’esterno delle strutture sanitarie pubbliche;
che, nella fase cautelare del giudizio, il Tribunale
ha dubitato della legittimità costituzionale della norma impositiva della
diminuzione patrimoniale e, riservandosi l’adozione del provvedimento
interinale, ha ritenuto rilevante già a tal fine, ancor prima che per la
decisione di merito, la questione;
che, quindi, con otto ordinanze distinte ma di
contenuto sostanzialmente identico, emesse il 29 febbraio 1996, ha sollevato
questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, della
legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica),
in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione;
che, secondo il giudice a quo, la norma denunciata
viola l’art. 3 della Costituzione, in quanto introduce una ingiustificata
disparità di trattamento all’interno degli stessi medici ospedalieri in regime
di tempo pieno, nonostante rimanga identica la prestazione lavorativa da essi
resa nei confronti della struttura pubblica e non incisa dallo svolgimento di
attività libero-professionale fuori dell’ orario di lavoro;
che vulnerato sarebbe ancora il principio di cui
all’art. 3 della Costituzione, essendo riservato un trattamento economico
deteriore ai medici dipendenti a tempo pieno ma svolgenti extra moenia
prestazioni libero-professionali, dato che si attribuisce rilievo negativo alla
scelta di svolgere queste ultime fuori della struttura di appartenenza, anzichè
al suo interno, anche quando indotta da circostanze non risalenti alla volontà
del singolo, quali il mancato apprestamento intra moenia degli ambienti e delle
dotazioni necessari;
che indebitamente leso dalla norma impugnata
risulterebbe anche l’art. 36 della Costituzione, poichè l’attribuzione
dell’indennità di tempo pieno decurtata del 15 per cento darebbe luogo a una
retribuzione non più proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato;
che le parti principali non si sono costituite nel
giudizio dinanzi a questa Corte;
che è intervenuto, invece, il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo il rigetto della questione sull’assunto che la prevista decurtazione
non infrange i limiti costituzionali invocati dal rimettente, bensì al
contrario ristabilisce tanto la proporzione fra prestazione lavorativa e
retribuzione, quanto una condizione di eguaglianza fra il personale medico
praticante attività libero-professionale extra moenia e il personale medico che
questa ulteriore attività non svolge affatto o svolge all’interno dell’istituto
di appartenenza.
Considerato che i diversi giudizi prospettano la
risoluzione della stessa questione e, pertanto, possono essere riuniti;
che, successivamente alla proposizione della
questione di legittimità costituzionale, è entrata in vigore la legge 23
dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), la
quale all’art. 1, commi 7-15, contiene una rinnovata disciplina giuridica ed
economica della libera professione praticata dai medici del Servizio sanitario
nazionale, ed è stato altresì emanato il decreto-legge 20 giugno 1997, n.175
che detta “Disposizioni urgenti in materia di attività libero-professionale
della dirigenza del Servizio sanitario nazionale”;
che sono stati pure emanati i decreti del Ministro
della sanità 28 febbraio 1997 (in Gazzetta ufficiale, serie generale, dell’8
marzo 1997, n. 56) recante “Attività libero-professionale e incompatibilità del
personale della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale” -
peraltro sospeso in sede cautelare dal giudice amministrativo - e 11 giugno
1997 (in Gazzetta ufficiale, serie generale, del 18 giugno 1997, n. 140) in
tema di “Fissazione dei termini per l’attivazione dell’attività
libero-professionale intramuraria”, atti, questi, privi di forza di legge ma
rilevanti per l’adozione del presente provvedimento (cfr. ordinanza 22 giugno
1994, n. 273);
che, ancora nelle more del presente giudizio, è
stato sottoscritto, in data 5 dicembre 1996, il contratto collettivo nazionale
di lavoro per l’area della dirigenza medica e veterinaria del comparto
“sanità”, relativo al quadriennio di parte normativa 1994-1997 ed al biennio di
parte economica 1994-1995 (in Supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale,
serie generale, del 30 dicembre 1996, n.304);
che i suddetti atti legislativi, amministrativi e
negoziali sono suscettibili di alterare il precedente assetto della materia de
qua e, quindi, il quadro complessivo nel quale si inscrivono i profili delle
questioni di legittimità costituzionale sollevate dal giudice di merito;
che il mutamento del contesto normativo di
riferimento impone un nuovo esame, da parte del medesimo rimettente, dei
termini della deferita questione di legittimità costituzionale.
LA
CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina
la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia,
sezione staccata di Lecce.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
il 18 luglio 1997.
Presidente:
Renato GRANATA
Redattore:
Piero Alberto CAPOTOSTI